Conosci Giulia

Credo che a determinare l’identità di una persona sia soprattutto ciò che ama; così mi incantò sentire mio cognato Dario rivolgersi alla sua bimba, il piccolo fiore Rebecca, nel cuore del suo primo anno, con queste parole:
“Ecco zia Giulia: lei sarà per te lunghe passeggiate, profonde letture e un calice di vino bianco.”

Perché questo è ciò che amo.

Il vento che fascia tutto il corpo lungo le creste montane, e la stanchezza racchiusa nei muscoli dopo la tensione di una lunga salita.
I tappeti d’erba puntellati dalla nascente discrezione della prima primavera, spalancati all’improvviso nei boschi.
La roccia, quell’urlo fra terra e cielo con cui la montagna disvela la sua nudità.
E amo il mare, sia la sua tenerezza azzurra, sia il suo profondo manto blu, firmamento in continuo movimento, pace senza tregua.
Ne amo la possibilità immensa di utero, come si ama un ritorno a ciò che ci precede, con l’intensità cieca e totale del riconoscimento di un origine.

Amo gli alberi e le piante, il pioppo e il leccio, la quercia e l’acero, la vite e l’olivo.
Amo la vita vegetale come incantata, silenziosa vita fraterna, o con lo struggimento in tenerezza di un innamoramento dolcissimo.

Amo le persone semplici e la ricchezza dello stare insieme.
Amo la spontaneità senza riserva del darsi, la gioia forte del condividere, la dolcezza attenta dell’accompagnarsi.
Amo il silenzio come la parola, nell’intimità di un’amicizia.
Le lunghe tavolate imbandite di risate e calici tutti pieni e che la mia casa possa essere sempre baricentro di una festa.
Amo il legame che crea il lungo lavorare insieme, in cima alle piante o su una trattrice, a forbici in mano o a mano nuda.
Il privilegio del silenzio che nasce come un fiore dalla fatica del lavorare di campagna, fiore a sigillo di una profonda intimità fra cuori.

E amo il vino, ascoltarlo, riconoscervi l’innocenza immacolata di un frutto, o la filigrana intessuta dal tempo della sua evoluzione.
Riconoscere sul fondo del calice una mano e le sue scelte, il prodigio della relazione che nasce fra un vigneto e il suo custode, fra la terra e una pianta.

Amo ascoltare le storie di tutto ciò che vive.
Così amo anche la parola, il nitore con cui –vestita di poesia- riesce a scalfire la forma compatta e ubiqua della bellezza.

Amo la mia vigna, con la tenerezza di ogni primo innamoramento.

I miei olivi, con la fierezza fraterna di chi riconosce in un diverso il prodigio della forza e della bellezza.
I volti dei miei amici, e la loro semplicità buona.

La donna che nel 2016 é arrivata da lontano a completare la mia vita nell'amore e che ora é centro ai miei giorni, dall'alba al tramonto, mano che intreccia alla mia il ricamo infaticabile dei tralci.

Amo ascoltare ogni forma in cui la vita germoglia, sia nella sua timidezza discreta sia nell’urgenza del suo prorompere e stupirmene, prendermene cura.
Amo ogni istante del mio tempo e ogni gesto con cui ne coltivo la bellezza e la libertà.

Amo Cupramontana e le sue figure umane.
Cupramontana e i suoi vigneti.
Cupramontana e la sua spontanea, inattesa, semplice magia.

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