Terra marchigiana.
Sconfinato riprodursi di colle in colle della perfetta sinergia fra uomo e terra, nel prodigio sempre rinnovato dell’agricoltura.
L’infinito mite del grano, la precisione accanita e dolce dei vigneti, la nobiltà scoscesa degli olivi.

Conosco nuove geografie.
Conosco lo sciogliersi di una ricerca nello struggimento di un’inattesa, vincente dolcezza.
Dolcezza che chiama casa nelle onde ritmate dei crinali.

Terra marchigiana.
Innamoramento in un volto umano che brilla di rarità.
Sui volti, candidi di giovinezza o segnati di fatiche assolate, leggo la memoria di un’umanità mezzadrile, un pudore ed un riserbo, una semplicità levigata dalla compattezza profonda e senza domande dell’agricoltura.
Leggo la naturalezza del darsi e la spontaneità dell’assenso.
Leggo spazi sterminati di solitudine bella che chiama amore, che stringe volti e risa e silenzi attorno ad un focolare a cielo aperto.

Spazi marchigiani.
Madre seconda, 
in me splendore di nuova nascita,
in me primo profumo di casa.

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