Conosci Giulia

Credo che a determinare l’identità di una persona sia soprattutto ciò che ama; così mi incantò sentire mio cognato Dario rivolgersi alla sua bimba, il piccolo fiore Rebecca, nel cuore del suo primo anno, con queste parole:
“Ecco zia Giulia: lei sarà per te lunghe passeggiate, profonde letture e un calice di vino bianco.”

Perché questo è ciò che amo.

Il vento che fascia tutto il corpo lungo le creste montane, e la stanchezza racchiusa nei muscoli dopo la tensione di una lunga salita.
I tappeti d’erba puntellati dalla nascente discrezione della prima primavera, spalancati all’improvviso nei boschi.
La roccia, quell’urlo fra terra e cielo con cui la montagna disvela la sua nudità.
E amo il mare, sia la sua tenerezza azzurra, sia il suo profondo manto blu, firmamento in continuo movimento, pace senza tregua.
Ne amo la possibilità immensa di utero, come si ama un ritorno a ciò che ci precede, con l’intensità cieca e totale del riconoscimento di un origine.

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Gli Intrecci

“Agricoltura è profonda bellezza in solitudine, e –al contempo- incantato esondare di pienezza in relazione.
Stupisco osservando la vita della terra, il mondo che si alleva in quel grande scenario che è agricoltura, la sua spinta all’individualità e il suo danzare corali sinfonie.
Stupisco riconoscendovi la purezza della solitudine, che vi cresce nella forma di un libero pensare, di una particolare intensità del sentire.

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La vigna - Inverno

Inverno

E’ cuore profondo, l’inverno.
Nitore slanciato di luce, nudità scabra delle forme.
Ritorno all’essenza pura delle cose.

Così la vite.

Si spoglia, nel suo giaciglio silenzioso di dormienza.
Ed io ne ridefinisco la forma.
Recido il vecchio, scelgo il vigore di un tralcio gonfio di presente, preparo –in uno sguardo a sperone- la sua durata nel futuro.

E’ silenzio puro in vigna.
Ed è tensione di freddo sotto il sole, un rigore che travalica di luce.

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La vigna - Autunno

Autunno

Canti ora libera.
Senza onere di responsabilità di un frutto

E fai di te l’ultimo, puro dono.
Ti accendi di infiniti tramonti, 
lenti, lunghi, oceani
multiformi dall’oro alla spinta infiammata
del rosso maturo.

E sei in me pace.
Tenero, sensuale saluto a chiusura di annata.
Dolce e forte sorriso prima di spegnerti nel lungo tuo
riposo invernale.

Gratitudine felice e paga che mi accompagna
nell’argento ormai maturo degli olivi.

Di solo respiro, di sola contemplazione
sei in questa stagione
gioia mia.  

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La vigna - Primavera

Primavera

E lo scoppiare è pronto.
Oceano verde di tenerezza affiora lungo le file,
da una corsa a perdifiato di luminescenze brune,
disposte a fila indiana,
in un bambino rincorrersi di risa.

Rumoreggia la vigna.
Si risveglia il sogno di ogni bambino, un preistorico trattore arancione che sbuffa e bofonchia lungo i filari.
Tagliando erba ed esplodendo il prodigio intenso e pungente dello zolfo.

Mi commuove seguire la vita mentre cresce.
Torno anch’io fanciulla, e sorrido nuova,
in attesa di un fiore.

La vigna - Estate

Estate

E la tensione si fa forza.
Si stremano i colori, saturi di sé nel crescendo di durata dei giorni.
Sembra il sole non voler cedere alla notte,
e – con lui- spinge
la vigna.

Diventa donna.
Attraverso l’indomabile adolescenza dei tralci
prepotenti di espansione,
nella rapidità profonda della sua corsa al frutto.

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Gli spazi

Terra marchigiana.
Sconfinato riprodursi di colle in colle della perfetta sinergia fra uomo e terra, nel prodigio sempre rinnovato dell’agricoltura.
L’infinito mite del grano, la precisione accanita e dolce dei vigneti, la nobiltà scoscesa degli olivi.

Conosco nuove geografie.
Conosco lo sciogliersi di una ricerca nello struggimento di un’inattesa, vincente dolcezza.
Dolcezza che chiama casa nelle onde ritmate dei crinali.

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